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È morta Birthe Lejeune

È morta oggi a 92 anni Birthe Lejeune, moglie del genetista Jérôme, scopritore della causa della Sindrome di Down, proclamato Servo di Dio dalla Chiesa Cattolica. I coniugi Lejeune furono tra i pionieri dei movimenti per la vita in Europa contro l’aborto e ogni forma di eugenetica.

Le parole di un vescovo sull’aborto: «Anche questa è una pandemia»

«Per quanto tempo durerà ancora la pandemia del Coronavirus non c’è dato sapere e neppure per quanti giorni ancora dovremo ascoltare il bollettino dei decessi, dei contagiati e dei guariti. Che cosa succederebbe se si facesse altrettanto per gli oltre sei milioni di aborti legalizzati in tutto il mondo? Anche questa è una pandemia che uccide la coscienza di chi lo compie e quella dei governanti che legiferando intendono azzerare l’orrore dell’assassinio».

(Mons. Alberto Maria Careggio, vescovo emerito di Ventimiglia-Sanremo. Leggi qui la sua intera riflessione)

Inghilterra. Aborti senza freni, in particolare tra le ventenni: uno ogni 4 gravidanze

Dal sito di Avvenire:

Secondo l’«Office for National Statistics», il dipartimento del governo al quale sono affidate le statistiche sulla nazione, oggi in Inghilterra e Galles quasi una gravidanza ogni quattro, il 24%, finisce con un’interruzione.
«Scioccante anche – secondo l’esperta di bioetica e “femminista per la vita” Fiorella Nash – che siano soprattutto le ventenni ad abortire se consideriamo che l’aumento più significativo degli aborti (+1,8%) si è registrato nella fascia tra i 20 e i 24 anni».
«Queste statistiche dimostrano che non è vero, come ci viene sempre ripetuto, che la spiegazione e la promozione della contraccezione fa scendere il tasso di aborti – spiega ancora Fiorella Nash –. Nella generazione dei ventenni c’è una combinazione tossica. L’idea di una sessualità ricreativa, senza impegni, con la pressione fortissima a studiare e trovarsi un lavoro senza la possibilità di formare una famiglia prima dei trent’anni. L’aborto diventa la soluzione al problema di un bambino non voluto e viene promosso come una normale procedura medica».

Leggi l’articolo completo qui.

Quando il Coronavirus provoca la sindrome di don Abbondio

Dal sito di ProVita & Famiglia:

Al tempo del Coronavirus alcuni vescovi e sacerdoti sembrano essere sempre di più in sudditanza psicologica e piena obbedienza delle autorità politiche che ormai determinano e impongono propri principi non negoziabili, sia in ambito etico che in materia di libertà di culto.

Leggi l’articolo completo qui.

L’aborto, specchio della crisi dell’Occidente

Dal libro del card. Camillo Ruini Un’altra libertà. Contro i nuovi profeti del ‘paradiso in terra’ (Rubbettino Editore 2020) [riportato dal sito Settimo Cielo di Sandro Magister]:

1. IL CORAGGIO DI CHIAMARLO “OMICIDIO”
Nei casi riguardanti l’inizio della vita la rivendicazione della libertà individuale è fuori luogo, perché si decide non di se stessi ma di un altro, il nascituro, a meno di pensare che il nascituro stesso sia semplicemente parte del corpo della madre: assurdità insostenibile perché egli ha il proprio “DNA”, un proprio sviluppo e interagisce con la madre, come risulta sempre più chiaramente.
L’alternativa è pensare che il nascituro non sia un essere umano ma potrà diventarlo soltanto dopo (dopo la nascita, o dopo la formazione del sistema nervoso, o dopo l’impianto nell’utero…). In realtà si tratta sempre dello stesso essere che si evolve, come fa anche dopo la nascita. La sua continuità è accertata come la sua distinzione dalla madre. Non è mai, dunque, un “animaletto” di specie non umana. Sopprimerlo è sempre, dal concepimento ossia dalla fecondazione dell’ovulo in poi, sopprimere un essere umano. Perciò l’enciclica “Evangelium vitae” di Giovanni Paolo II non esita a parlare di omicidio e mette in guardia dalle manipolazioni del linguaggio che nascondono la realtà. Chiede invece di avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome: “aborto volontario” e non asettica “interruzione della gravidanza”.

2. IL NO ALL’ABORTO ALLA LUCE DELLA SOLA RAGIONE
C’è un nesso tra l’attacco alla vita e la crisi dell’Occidente e dell’umanesimo occidentale? Io credo di sì, e per rintracciare il tratto comune mi rifaccio all’enciclica “Evangelium vitae”. […] È stata scritta venticinque anni fa ma nella sostanza sembra scritta oggi, con l’unica variante che oggi la situazione si è appesantita e i rischi allora denunciati si sono largamente realizzati.
Nel primo dei suoi quattro capitoli l’“Evangelium vitae” evidenzia infatti le minacce attuali alla vita umana, che tutti conosciamo. Non si limita però a descrivere la situazione ma ne esamina le cause.
La giustificazione base degli attentati alla vita umana è la rivendicazione della libertà individuale: vedi lo slogan anni ’70: “L’utero è mio e lo gestisco io”. Oggi, sempre sulla base della libertà individuale, viene affermato il diritto al testamento biologico e di lì al suicidio assistito, situazioni nelle quali non solo decido io ma vincolo gli altri, medici compresi, alla mia libera scelta. […]
Ma vi è una profonda contraddizione alla base del disagio e dell’infelicità della nostra epoca, quindi della sua tendenza a evadere da noi stessi e dalla realtà. Da una parte è grande la rivendicazione della libertà e dei diritti del soggetto, fino a erigere questa libertà a criterio assoluto delle nostre scelte. Dall’altra parte il soggetto è concepito semplicemente come un frutto dell’evoluzione, una “particella della natura” (“Gaudium et spes,” 14), che come tale non può essere realmente e interiormente libero e responsabile né può rivendicare alcuna centralità o alcun diritto di fronte alla natura che lo ignora e non si cura di lui. Questa contraddizione esplode drammaticamente in casi come la morte di un giovane o una malattia invalidante, che appaiono privi di senso e del tutto inaccettabili.
L’“Evangelium vitae” fa un assai impegnativo passo in avanti per uscire dalla contraddizione. Perché la rivendicazione della nostra libertà possa veramente avere un senso non è necessario che Dio non ci sia – come ha ritenuto gran parte del pensiero moderno – ma al contrario che Dio ci sia.
Infatti, solo se all’origine della nostra esistenza non vi è soltanto una natura inconsapevole ma anche e ancor prima una libertà creatrice, possiamo essere realmente e interiormente liberi. È questa una grande intuizione di Kant, ripresa da Schelling, che l’enciclica propone nella propria ottica. […] Quando riflettiamo su ciò che rende possibile che una vita umana sia realmente libera e abbia davvero un significato, ci rendiamo conto che non possiamo fare a meno di Dio, e non di un Dio qualsiasi ma di Dio nostro creatore, autore e fondamento della nostra vita e della nostra libertà.
Perciò la pretesa di essere noi i padroni della vita e della morte, nostra o addirittura altrui, è sbagliata per diverse ragioni. Innanzi tutto perché la libertà non è qualcosa di isolato e di assoluto ma può esistere solo in relazione alla realtà, cioè agli altri e all’ambiente in cui viviamo. In secondo luogo perché la nostra vita e la nostra stessa libertà vengono da Dio e sono intrinsecamente in rapporto con Lui, sono legate a Lui e in ultima analisi dipendono da Lui.
È infondato perciò trattarle come qualcosa di soltanto nostro, di cui non dovremmo rispondere a nessuno: dobbiamo risponderne davanti alla realtà che noi siamo, davanti alla società a cui apparteniamo e in ultima analisi davanti a Dio nostro creatore.
Nel dibattito pubblico non parliamo mai di questo rapporto con Dio per evitare l’accusa di difendere la vita per motivi confessionali, ed è giusto procedere così. Viceversa, in sede di approfondimento mi sembra doveroso accennare a questo aspetto, che getta luce sulle radici ultime della nostra libertà. Chi difende la vita e non è credente può, naturalmente, non essere d’accordo: la difesa della vita è senz’altro possibile anche a prescindere dal rapporto con Dio.

3. UN “NON UCCIDERE” CHE VALE ANCOR DI PIÙ PER I CATTOLICI
L’insegnamento della “Evangelium vitae” va riproposto con argomenti razionali, come raccomanda l’enciclica stessa, che è rivolta a tutti e chiede a tutti attenzione e simpatia per la causa della vita, senza temere l’impopolarità e senza scendere a compromessi. Ma la medesima enciclica è rivolta in primo luogo ai cattolici, a cominciare dai vescovi, e propone una verità che vale per tutti ma vale a titolo speciale per i credenti.
Nel pubblicarla, Giovanni Paolo II ha inteso compiere un atto del più alto valore dottrinale, massimamente impegnativo per i credenti. È questo infatti il documento del suo pontificato nel quale impegna maggiormente il suo magistero, affermando che il comandamento “Non uccidere” ha un valore assoluto quando si riferisce a persone innocenti. Questa precisazione, “innocenti”, è importante in rapporto al problema della legittima difesa, che può condurre lecitamente fino all’uccisione dell’ingiusto aggressore, e anche per la questione della pena di morte, che la Chiesa oggi esclude perché si può difendere la convivenza umana senza ricorrere a essa, ma non ha sempre escluso nel passato.
Secondo l’“Evangelium vitae” questa “inviolabilità assoluta della vita umana innocente è una verità morale esplicitamente insegnata nella Sacra Scrittura, costantemente ritenuta nella tradizione della Chiesa e unanimemente proposta dal suo magistero”. Essa è frutto del senso della fede, suscitato e guidato dallo Spirito Santo, che “garantisce dall’errore il popolo di Dio, quando esprime l’universale suo consenso in materia di fede e di costumi”. “Pertanto, con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi successori, in comunione con i vescovi della Chiesa cattolica – scrive Giovanni Paolo II –, confermo che l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale” (n. 57). Questa formula solenne esprime un pronunciamento infallibile e irreformabile. […] Il papa usa la parola “confermo” – e non “dichiaro” – per sottolineare che si tratta di una verità già prima appartenente al patrimonio della fede cattolica. […]
Di tutto ciò molti cattolici anche praticanti non sembrano purtroppo consapevoli: sostengono infatti e mettono anche in pratica riguardo all’aborto posizioni incompatibili con la fede che professano. […]
È interessante quello che possiamo qualificare come il risvolto intraecclesiale di questo intervento: nell’enciclica “Veritatis splendor” di due anni prima il papa aveva affermato che esistono verità di ordine morale contenute nella rivelazione divina, e che il magistero della Chiesa le può definire infallibilmente. Vari teologi cattolici, di parere contrario, avevano obiettato che di fatto non ci sono verità morali su cui il magistero sia intervenuto infallibilmente. La presa di posizione non riformabile dell’enciclica “Evangelium vitae” riguardo all’inviolabilità della vita umana innocente e in particolare all’aborto risponde in maniera molto concreta a un’obiezione del genere.

Se in Finlandia dici «Uomo e donna li creò» arriva la polizia

Un pastore della Chiesa evangelica finlandese rischia fino a due anni di galera per un libretto scritto sedici anni fa. Nel 2004, infatti, la deputata finlandese Päivi Räsänen, medico, già presidente dei Kristillisdemokraatit, il partito cristiano-democratico finlandese, e poi ministro degli Interni, lo scrisse discutendo i temi del matrimonio tra uomo e donna, della perdita dei valori a esso correlati e dell’omosessualità secondo una prospettiva cristiana, facendo riferimento a brani della Bibbia. Le dichiarazioni in esso contenute sono certo inequivocabili, ma sempre argomentate, e pure il sottotitolo è tagliente: «Le relazioni omosessuali sfidano il concetto cristiano di umanità».

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Papa Francesco: il male si fa presente nella teoria del Gender

Qual è oggi la modalità più specifica attraverso cui il male si fa presente e agisce? Una di queste è la teoria del Gender. Nel Gender si vede come un’idea vuole imporsi sulla realtà e questo in maniera subdola. La verità evidente e scientifica è che possiamo essere solo o maschi o femmine, che il sesso è un dato biologico immutabile e che possiamo avere tutti solo un padre e una madre.

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